Conosciamo solo il 5% dell’universo in cui viviamo, lasciando il rimanente occulto. Di questo 95% che non ci è rivelato, una fetta è composta dalla materia oscura. Si tratta di una componente che apparentemente interagisce solo attraverso gravità (ad esempio non emette o riflette luce), e che abbiamo inizialmente rilevato calcolando la velocità di rotazione delle galassie. Inutile dire che fino ad ora non siamo arrivati ad alcuna conclusione certa su questa materia celata.
Le teorie più popolari degli ultimi decenni riguardanti i wimp, (weakly interacting massive particles, ovvero particelle di grande massa debolmente interagenti), hanno perso molta credibilità dopo i risultati negativi degli esperimenti fatti al LHC (“Large Hadron Collider”, l’acceleratore di particelle più grande al mondo situato al CERN). Il mio studio analizza la possibilità dei buchi neri primordiali come componente significativo di materia oscura cosmologica.
Con la rilevazione delle onde gravitazionali del 2015, e gli esperimenti di LIGO/VIRGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory /Virgo interferometer) alcuni risultati hanno portato alla riscoperta e rivalutazione di una vecchia teoria: i buchi neri primordiali. Questi si sarebbero presumibilmente formati poco dopo il Big Bang, e potrebbero rappresentare una parte o il totale della materia oscura. La ricerca continua e le rilevazioni di onde gravitazionali da futuri interferometri più sensibili, come LISA (Laser Interferometer Space Antenna), saranno probabilmente ciò che smentirà o accrediterà questa teoria. Questo progetto sarà presentato anche alla manifestazione “Regeneron ISEF”, fiera internazionale della scienza e della ingegneria, a Dallas (Texas-Usa) il 13-19 maggio 2023.
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