Risale a 4.200 anni fa la diffusione dei cavalli domestici in tutto il continente europeo a partire dalle vaste steppe della Russia occidentale, animali dai quali discendono tutti i cavalli attualmente viventi sul pianeta: un evento che ha segnato l’inizio di una nuova era nella storia dell’umanità, grazie ad una straordinaria accelerazione delle comunicazioni, delle interazioni e degli scambi commerciali tra culture diverse in tutta l’Eurasia. Lo ha scoperto lo studio pubblicato sulla rivista Nature e guidato dall’Università francese di Tolosa III Paul Sabatier, che ha sequenziato il Dna di centinaia di resti di cavalli trovati in siti archeologici. L’analisi, a cui ha partecipato anche l’Università di Milano, ha coinvolto 133 ricercatori provenienti da 113 istituzioni di tutto il mondo.
I ricercatori coordinati da Ludovic Orlando hanno esaminato i dati raccolti alla ricerca di tre indizi rivelatori: il momento in cui i progenitori dei moderni cavalli iniziarono a diffondersi al di fuori del loro ambiente d’origine, i primi segni di allevamento su larga scala e, infine, l’allungamento della vita riproduttiva degli animali, che indica l’intervento dei primi allevatori. I risultati hanno mostrato un allineamento di questi tre fattori chiave circa 4.200 anni fa, escludendo quindi la possibilità che le massicce migrazioni umane che diffusero le lingue indoeuropee al di fuori delle steppe 5mila anni fa siano state aiutate dai cavalli, come ipotizzato finora.
I dati rivelano anche un più antico episodio di domesticazione avvenuto circa 5.500 anni fa, rimasto però isolato: le prove di questo primo episodio provengono dal sito archeologico di Botai nell’Asia centrale, ma la popolazione del luogo non usò i cavalli per spostarsi, bensì come forma di sostentamento, e dunque il Dna di questi animali non contribuì alla domesticazione vera e propria, avvenuta solo più di 1.000 anni più tardi.
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