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Il segreto degli erbivori più diversificati del pianeta

Il segreto degli erbivori più diversificati del pianeta

I coleotteri crisomelidi devono il loro successo ai batteri

22 gennaio 2025, 09:54

di Elisa Buson

ANSACheck
Un coleottero crisomelide appartenente alla specie Cassida viridis (fonte: Davide Sassi) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un coleottero crisomelide appartenente alla specie Cassida viridis (fonte: Davide Sassi) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Gli erbivori più diversificati del Pianeta, i coleotteri crisomelidi, devono il loro successo evolutivo ai batteri con cui vivono in simbiosi e scambiano geni: è così che prendono 'in prestito' alcuni enzimi digestivi con cui riescono a cibarsi di ogni tipo di vegetale. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology da un gruppo internazionale di ricerca guidato dal Max Planck Institute for Chemical Ecology di Iena, in Germania. Tra gli autori c'è anche l'entomologo Matteo Montagna del Dipartimento di Agraria dell'Università Federico II di Napoli.

Con oltre 40.000 specie descritte, la famiglia dei coleotteri crisomelidi è distribuita in tutto il mondo e rappresenta circa il 10% della diversità di specie di tutti gli erbivori. Questi insetti si nutrono di un'enorme varietà di piante e molti sono noti parassiti che infestano le coltivazioni. Possono vivere sulle foglie, sulle radici delle piante e persino sott'acqua, all'interno degli steli delle piante. Analizzando il genoma e il trascrittoma (cioè i geni 'accesi' e tradotti in proteine) di 74 specie di coleotteri crisomelidi provenienti da tutto il mondo, i ricercatori hanno scoperto che il segreto del loro successo sta nell'alleanza che hanno stretto con alcuni batteri. Vivere in simbiosi con questi microrganismi e prendere in prestito alcuni loro enzimi digestivi anche attraverso il trasferimento di geni ha permesso ai coleotteri di acquisire nuove capacità metaboliche. "Ad esempio quella di degradare le pareti cellulari delle piante, per poter digerire tessuti di foglie, steli e radici, e accedere così a fonti nutritive altrimenti inaccessibili", spiega Montagna all'ANSA.

La ricerca evidenzia "l’importanza di studiare gli organismi pluricellulari come olobionti, cioè come unità costituite dall’organismo pluricellulare e dalle comunità di microorganismi ad esso associate", aggiunge l'entomologo. "Questa prospettiva segna un cambio di paradigma, nella quale l’entità su cui agisce l’evoluzione non è l’individuo ma bensì l’olobionte".

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