Il Dna delle farfalle e delle falene è rimasto praticamente inalterato a partire da 250 milioni di anni fa, quando volava il loro ultimo antenato comune, e questo nonostante ci siano oltre 160mila specie nel mondo, molto diverse tra loro. La scoperta arriva dallo studio pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution e guidato dall’Istituto di ricerca britannico Wellcome Sanger, che ha permesso di analizzare e confrontare oltre 200 Dna completi di farfalle e falene. I risultati consentono di fare luce sui meccanismi che governano l’evoluzione e potranno anche aiutare a migliorare gli sforzi per la conservazione delle specie e per la protezione della biodiversità.
Farfalle e falene, che appartengono all'ordine dei lepidotteri, rappresentano il 10% di tutte le specie animali note. Sono impollinatori estremamente importanti e indicatori fondamentali dello stato di salute di molti ecosistemi. Per cercare di comprendere i processi alla base della loro evoluzione, i ricercatori guidati da Charlotte Wright sono partiti dall’identificazione di 32 elementi ancestrali che costituiscono i cromosomi di farfalle e falene, scoprendo che nella maggior parte delle specie sono rimasti intatti negli ultimi 250 milioni di anni.
“È sorprendente: ciò mette in discussione l’idea che i cromosomi stabili possano limitare la diversificazione delle specie”, commenta Wright. "In effetti, questa caratteristica potrebbe invece essere la base sulla quale si costruisce la diversità”.
L’analisi ha però portato anche alla scoperta di un raro sottoinsieme di specie, tra cui le cosiddette ‘farfalle blu’ e le farfalle bianche, che si nutrono delle piante di cavolo, che hanno infranto questo schema: il loro Dna, infatti, ha subito un vasto rimescolamento che ha compreso anche la rottura e la fusione dei cromosomi. Il prossimo passo sarà capire cosa differenzia queste specie dalle altre.
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