La minaccia dell’influenza aviaria si sta allungando sull’Antartide, dopo che la sua presenza sul continente è stata rilevata per la prima volta a febbraio di quest’anno, provocando la sospensione o l’annullamento di svariati progetti di ricerca in corso: la conferma arriva dalla prima spedizione effettuata a marzo proprio con l’obiettivo di valutare l’impatto e la diffusione del virus, che ha trovato molte vittime soprattutto tra gli skua, uccelli piuttosto aggressivi simili a gabbiani, e che ha evidenziato il pericolo che corrono i pinguini.
Alla ricerca internazionale, guidata dall’Università della Federazione Australiana, hanno partecipato otto ricercatori, tra cui l’italiano Matteo Iervolino, del Centro Medico Erasmus di Rotterdam, nei Paesi Bassi. La preoccupazione per le popolazioni antartiche sta infatti aumentando: diverse specie sono già classificate come minacciate o in pericolo critico, e l’elevata mortalità potrebbe passare inosservata a causa della limitata accessibilità e della difficoltà di un monitoraggio regolare.
La spedizione si è concentrata nella zona Nord-occidentale dell’Antartide, da dove erano già arrivate segnalazioni di malattie e aumento di mortalità tra gli animali. I ricercatori guidati da Meagan Dewar hanno raccolto campioni da individui sani e malati, da carcasse e dalle feci, oltre a campioni di acqua e aria, in modo da valutare la diffusione del ceppo H5N1 del virus e la sua presenza nell’ambiente. “Grazie alle misure di precauzione prese – dice all’ANSA Iervolino – è stato possibile procedere in maniera completamente sicura sia per il team coinvolto che per la fauna locale”.
Appositamente per l’occasione è stato allestito sulla nave un laboratorio diagnostico compatto, che ha consentito ai ricercatori di testare in modo rapido e diretto i campioni senza doverli spedire ad altri laboratori. “Un punto di forza della spedizione è stato proprio il fatto di poter testare in breve tempo i campioni raccolti, avendo un laboratorio diagnostico direttamente a bordo della nave”, commenta il ricercatore italiano. “Da quello che sappiamo, è la prima volta che questo è stato possibile in Antartide, e credo che sia un grande vantaggio, anche per monitoraggi futuri, per ottenere risultati più velocemente e rendere anche il campionamento stesso più efficiente”.
Gli animali più colpiti risultano gli skua: “A Beak Island abbiamo identificato 46 individui morti, e dei 10 campionati tutti sono risultati positivi al virus. Questo è sicuramente problematico – afferma Matteo Iervolino – in quanto gli skua vivono anche a stretto contatto con diverse specie di pinguini”. Ma una mortalità insolitamente elevata è stata riscontrata anche in alcune colonie di pinguini di Adelia, i più diffusi sulle coste del continente antartico. “Ad Heroina Island abbiamo trovato circa 550 pinguini Adelia morti, di cui 170 adulti, una cosa sospetta dato che normalmente la mortalità negli adulti è molto bassa. Comunque, l’identificazione del virus sul campo in questi campioni si è rivelata inconcludente, bisognerà effettuare studi più approfonditi in laboratorio. In ogni caso – conclude Iervolino – sono anche loro a rischio, così come altre specie di pinguini che sono già risultate positive, ma anche mammiferi e altri animali del continente”.
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