Un gene ereditato da un nostro lontano antenato, l'uomo di Denisova, potrebbe ancora influire sulla nostra salute mentale aumentando la predisposizione a condizioni come depressione, schizofrenia, autismo, iperattività e disturbo ossessivo-compulsivo. Lo hanno scoperto i ricercatori spagnoli dell'Istituto di biologia evolutiva (Ibe) e dell’Università Pompeu Fabra, nello studio pubblicato sulla rivista Plos Genetics.
Il gene in questione, denominato SLC30A9, è responsabile del trasporto attraverso le membrane cellulari dello zinco, un elemento importante per lo sviluppo e il corretto funzionamento del sistema nervoso e di quello immunitario. I ricercatori hanno individuato in particolare una variante, oggi diffusa soprattutto nelle popolazioni europee e asiatiche, che era presente anche nel genoma dei Denisoviani e non in quello dei Neanderthal: è dunque probabile che sia il frutto dell'incrocio tra i primi esseri umani moderni che circa 60.000 anni fa uscirono dall'Africa e i denisoviani, che al tempo erano presenti in Asia.
Se questa variante è stata selezionata dall'evoluzione ed è arrivata fino a noi oggi, significa probabilmente che ha offerto un vantaggio ai nostri antenati. Per scoprire quale fosse, i ricercatori spagnoli hanno indagato i cambiamenti che la variante denisoviana determina a livello cellulare. Hanno così osservato che influisce sui mitocondri e il reticolo endoplasmatico delle cellule, garantendo un miglior adattamento ai climi freddi. D'altro canto, però, è anche coinvolta nell'eccitabilità del sistema nervoso e dunque influisce sull'equilibrio mentale e sulla salute delle persone.
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