E' una Comunità Incontro
"cambiata" come voleva il suo fondatore don Pierino Gelmini
quella che ricorda i dieci della morte del suo fondatore. "Siamo
riusciti, mantenendo fermo l'impianto educativo, a costruire un
percorso attraverso le nuove dipendenze, comportamentali e da
sostanze" ha spiegato all'ANSA Giampaolo Nicolasi, il capo
struttura.
Oggi questa realtà, partita simbolicamente da Roma il 13
febbraio del 1963 con l'incontro in piazza Navona fra "il don" e
Alfredo Nunzi, il primo ragazzo assistito, conta una decina di
strutture residenziali e di accoglienza in Italia, gruppi di
appoggio praticamente in ogni regione (formati da volontari e
ragazzi che hanno svolto il percorso comunitario) e strutture
operative in Bolivia e Costa Rica. "In Italia fra accoglienza e
residenza siamo intorno alle 400 persone assistite" ha detto
Nicolasi. "Oltre a loro ci sono le tante persone sottoposte a
misure cautelari, anche nelle carceri, che assistiamo con il
nostro personale" ha aggiunto.
"Il mio ricordo di don Pierino - ha detto Nicolasi - è di
una persona che rendeva possibile ciò che sembrava impossibile.
Credendo nell'uomo, nonostante tutto, e dando a ciascuno una
possibilità per poter ricostruire la propria vita. Sul piano
operativo, imprenditoriale, era un visionario che sapeva
guardare oltre il muro e intuire cose che non tutti riuscivano a
percepire. E questo lo ha aiutato nello sviluppo della Comunità,
partendo da un gruppo limitato di persone e da risorse
economiche che c'erano e non c'erano".
Cosa sia accaduto in questi dieci anni senza don Pierino, è
lo stesso Giampaolo Nicolasi a spiegarlo. "Negli ultimi anni
della sua vita - ha detto -, nonostante la malattia ne avesse
limitato l'operatività, aveva percepito che serviva un
cambiamento, che bisognava adeguarsi alle nuove dipendenze. Mi
diceva 'Giampaolo, questo cambiamento lo farete voi'".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA