"Il coraggio delle donne è esserci sempre e comunque davanti a qualunque difficoltà": a dirlo è Velia De Angelis, 50 anni, gli ultimi 14 trascorsi a combattere la sclerosi multipla che le ha stravolto la vita, ma non la voglia di vivere. Alla vigilia dell'8 marzo l'ANSA l'ha incontrata nella sua casa di Monterubiaglio, borgo del comune di Castel Viscardo, a una manciata di chilometri da Orvieto.
Prima della malattia Velia era una grande chef, aveva conquistato palcoscenici importati ed era stata protagonista anche in tv. "Poi la diagnosi, all'inizio ho continuato a lavorare, ma poi la malattia ha preso il sopravvento, ma io continuo a combatterla", racconta dal suo letto dopo una giornata trascorsa a fare fisioterapia. I social network sono la sua finestra sul mondo ed è principalmente da lì che Velia racconta la sua battaglia. "La vita - dice - vale la pena di essere vissuta appieno e anche le limitazioni che abbiamo possiamo aggirarle". "Molti interpretano la sclerosi multipla come la fine di tutto e anche della vita, io spero di combattere fino alla fine, di non molare e di non arrivare mai al pensiero del fine vita", racconta con orgoglio. "Per me al momento - aggiunge - c'è solo il pensiero della fine malattia, voglio la fine della sofferenza, ma in questa terra, in questa vita. Tutto questo fa della festa della donna un giorno ancora più speciale per me, l'8 marzo è legato a tante piccole conquiste e perdite che ho avuto nella vita. Significa soprattutto liberazione dalle cose che non volevo, dalle cose che mi sono accadute e l'8 marzo lo festeggio al di là della festa, è il giorno in cui ho capito che ero diventata una donna e dovevo combattere".
Lottare è la sua parola d'ordine e lo fa a colpi di fisioterapia e circondandosi dell'affetto della sua famiglia, degli amici e dei medici che la seguono e che vuole ringraziare.
E laddove la sanità pubblica non arriva, arriva lei con le sue iniziative. "L'ultima - racconta - è una raccolta fondi che mi ha permesso di acquistare una sedia a rotelle speciale che mi rende più autonoma rispetto alla sedia tradizionale che mi era stata assegnata dalla Asl".
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