La parodontite potrebbe contribuire a causare diversi tumori, soprattutto del tratto orofaringeo; quella che fino ad oggi è stata una semplice associazione tra malattia gengivale e cancro, infatti, potrebbe essere una vera e propria relazione di causa ed effetto tra le due malattie. Lo rivela uno studio coordinato da Jiali Feng dello Stomatological Hospital of Chongqing Medical University, Chongqing, in Cina e pubblicato sulla rivista Scientific Reports edita da Nature, un lavoro che a differenza dei precedenti ha utilizzato un metodo chiamato "randomizzazione mendeliana'', ideato proprio per svelare l'esistenza di una relazione di causa ed effetto tra due fenomeni.
Questo studio è stato progettato, quindi, per approfondire il possibile legame "causale" tra parodontite e 20 tipi di cancro standard, identificando contemporaneamente potenziali mediatori.
"Abbiamo avviato - scrivono gli autori - un'analisi di randomizzazione mendeliana utilizzando un set di dati di studi di genomica pubblicamente accessibili. La nostra analisi ha rivelato un rischio elevato di cancro alla testa e al collo concomitante con la parodontite ovvero un rischio praticamente doppio (+99,9%), e un rischio ugualmente aumentato di cancro orofaringeo (+99,9%)".
Gli esperti hanno anche indagato i potenziali mediatori di questo effetto 'oncogeno' della parodontite e visto che il batterio Fusobacterium nucleatum è un probabile intermediario nell'effetto promuovente della parodontite sul cancro orofaringeo. Una relazione inversa è stata invece intercettata tra il carcinoma a cellule basali e il cancro endometriale che hanno dimostrato di aumentare il rischio di ammalarsi di parodontite (+98,7% e +98,4% rispettivamente). Tuttavia, la parodontite non ha esercitato un impatto causale significativo sugli altri 19 tipi comuni di cancro.
"In conclusione, i nostri risultati supportano la teoria che la parodontite contribuisca a un rischio aumentato di cancro alla testa e al collo, in particolare al cancro orofaringeo, con Fusobacterium nucleatum che funziona come un potenziale intermediario", scrivono gli autori.
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