Una classe di farmaci per il diabete
potrebbe contribuire a ridurre il rischio di demenza e malattia
di Parkinson: è l'ennesima prova di un potenziale protettivo di
alcuni farmaci anti-diabete quella che arriva da uno studio
pubblicato sulla rivista Neurology, che ha esaminato i
cosiddetti "inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo
2" (SGLT2), noti anche come gliflozine. Questi farmaci riducono
i livelli di zucchero nel sangue inducendo i reni a eliminare lo
zucchero attraverso l'urina.
Condotto da Minyoung Lee dell'Università di Yonsei, a Seoul,
Corea del Sud, lo studio ha analizzato pazienti che assumevano
le gliflozine confrontati con persone che assumevano altri
farmaci per il diabete. I ricercatori hanno seguito i
partecipanti per vedere se sviluppavano demenza o Parkinson.
Tra i 358.862 partecipanti con un'età media di 58 anni, un
totale di 6.837 persone ha sviluppato demenza o malattia di
Parkinson durante lo studio. Per l'Alzheimer, il tasso di
incidenza per coloro che assumevano gliflozine era di 39,7 casi
per 10.000 persone, rispetto a 63,7 casi per quanti assumevano
altri farmaci per il diabete. Per la demenza vascolare, causata
da malattie vascolari, il tasso di incidenza per chi assumeva
gliflozine era di 10,6 casi per 10.000, rispetto a 18,7 per chi
assumeva altri farmaci.
Per la malattia di Parkinson, il tasso di incidenza per
coloro che assumevano gliflozine era di 9,3 casi per 10.000,
rispetto a 13,7 per chi assumeva gli altri farmaci.
In sintesi, i ricercatori hanno scoperto che l'uso di
gliflozine potrebbe ridurre del 20% il rischio di Alzheimer e
del 20% il rischio di Parkinson. Quelli che assumevano i farmaci
avevano un rischio ridotto del 30% di sviluppare demenza
vascolare.
Naturalmente, "sono necessarie ulteriori ricerche per
confermare la validità a lungo termine di questi risultati",
conclude Lee.
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