Il 2024 è un anno nero per le aziende della componentistica auto, dopo un 2023 all'insegna della stabilità. Il 34% pensa di cambiare strategia industriale e il 12% valuta addirittura l'uscita dal settore. C'è anche un 21% che ha in mente di produrre per clienti non europei. Emerge dall'Osservatorio sulla componentistica automotive italiana dell'Anfia e della Camera di Commercio di Torino, presentato al Mauto. Sulle imprese della filiera incombe la scure del governo al Fondo automotive.
Il 2024 viene considerato come "anno di arretramento per tutti i vari indicatori economici". Per il fatturato il saldo tra ottimisti e pessimisti crolla del 32%, mentre per gli ordinativi si registra un -40% per quelli interni e del 30% per quelli esteri. Un'impresa su tre prevede un calo dell'occupazione e anche gli investimenti sono in calo del 19%.
Soltanto l'aftermarket sembra soffrire meno. I dati sono ancora peggiori per il Piemonte, dove è calata da quasi il 50% del 2021 al 42,3% la dipendenza di fatturato delle aziende della componentistica da Stellants e Iveco: il fatturato segna -46%, gli ordinativi interni -52%, quelli esteri -46%, l'occupazione -25% e gli investimenti -27%.
"Il dato preoccupante è quel 12% di aziende che ritiene possibile uscire dal settore automotive, si stanno creando altre opportunità come aerospazio, medicale, macchine movimento terra e nautica. Si perde storia, cultura, competenze, tecnologie che sono nate in Piemonte" spiega Nicola Scarlatelli, vicepresidente della Camera di Commercio di Torino. "Con il governo è stato come aspettare Godot che non arriva mai. Abbiamo fatto un lavoro di un anno e alla fine, in un momento difficile per il settore, vediamo questo nonsense politico per cui è sparito il fondo automotive che è molto importante" osserva Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti Anfia che chiede una cabina di regia a Palazzo Chigi.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA