"Partigiano è il contrario di neutrale, è chi sceglie di stare da una parte, di non essere indifferente. Si inizia da qui per spiegare ai più giovani chi sono questi bellissimi vecchi che raccontano le loro scelte di gioventù": non senza emozione Gad Lerner parla di "Noi ragazzi della libertà", il libro edito da Feltrinelli che ha curato insieme a Laura Gnocchi, nel quale alcuni partigiani ripercorrono le loro gesta eroiche compiute quando erano poco più che ragazzini negli anni della Resistenza. Queste testimonianze sono tratte dagli oltre 500 contributi filmati che Lerner e Gnocchi, in collaborazione con l'Anpi e grazie a molti volontari, hanno raccolto negli ultimi anni: 50 di queste storie sono già confluite nel precedente "Noi, partigiani. Memoriale della Resistenza italiana" (edito da Feltrinelli) e ora 18 compongono questo libro, riadattate per i lettori dai 12 anni in su.
Tutte le 500 testimonianze, in occasione della Festa della Liberazione, approdano online sul sito noipartigiani.it, a costituire un vibrante monumento alla memoria di chi ha fatto la Resistenza: un'iniziativa meritoria, che il ministro Franceschini ha definito "straordinaria". "Sono giornate emozionanti, frutto di un lavoro molto lungo: finalmente i volti e le voci di questi partigiani potranno essere messi a disposizione soprattutto per le giovani generazioni, perché questi sopravvissuti non ce la fanno più ad andare nelle scuole, i meno vecchi hanno 90 anni e c'è il rischio che con la loro morte si perda la catena della memoria", spiega Lerner intervistato dall'ANSA, "questo libro nasce proprio dalla straordinaria esperienza vissuta con i partigiani: è l'unica soluzione possibile per non perdere la ragione per cui il 25 aprile è festa nazionale". Nel libro, arricchito con le illustrazioni a colori di Piero Macola, i "ragazzi" di oltre 70 anni fa si raccontano in prima persona: erano tutti giovanissimi quando decisero di ribellarsi ai fascisti e combattere anche a costo della vita, ragazzini le cui "vicende furono di una precocità che oggi ci sembra impressionante: all'epoca capitava di lasciare presto la scuola, soprattutto nelle campagne, c'era tanta povertà e la vita era talmente dura che costringeva bambini e adolescenti a scelte inconcepibili. Poteva accadere che fossero i genitori a mettere le armi nelle loro cartelle, nella speranza che nessuno avrebbe controllato ragazzi così giovani", spiega il giornalista. Come si racconta la Resistenza ai ragazzi di oggi? "Con semplicità, provando a farli mettere nei panni dei partigiani che quando scelsero di combattere avevano la loro età", prosegue, "è importante che questa storia si sappia, per scongiurare in futuro il pericolo di perdere la libertà. La festa del 25 aprile fu stabilita già nel '46 prima che l'Italia diventasse una Repubblica e venne istituita affinché fosse una festa di liberazione per tutti. Il rischio di perdere questa sensazione significa non capire che anche la Costituzione è frutto di questo". Il libro fa leva sulla disubbidienza: "sì, perché in queste storie c'è l'ingenuità e il candore di bambini che si sono ribellati a un'ingiustizia e non l'hanno accettata", dice. I nostri diritti possono ancora essere in pericolo? "Lo vediamo in Turchia, che era un Paese democratico, o in Bielorussa, Ungheria, Polonia. Non è scontato che le nostre libertà siano garantite in eterno, soprattutto se torna il mito dell'uomo forte, se si usa un linguaggio aggressivo, se ci sono razzismo e misoginia. Quando abbiamo raccolto il loro racconto, i partigiani, consci di essere prossimi ad andarsene, ci hanno lanciato continui avvertimenti, dicevano che sentivano nell'aria un brutto clima", spiega il giornalista. Quali testimonianze tra quelle presenti nel libro sono state per lei più toccanti? "Mi sono emozionato nell'apprendere il segno lasciato dalle leggi razziali nella loro coscienza di bambini", afferma, "Gastone Malaguti, per esempio, che in seconda media quando gli dissero che il suo compagno David in quanto ebreo non poteva frequentare la scuola si ribellò a un gerarca e si mise a urlare. E 5 anni dopo fece il partigiano a Bologna. Oppure Luciana Romoli, che quando la maestra umiliò una compagna di classe ebrea organizzò una rivolta con le altre bambine. Lei divenne poi staffetta partigiana".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA