Impegnarsi nell'uso sostenibile delle risorse ambientali è una delle più grandi sfide contemporanee: ogni anno, nel mondo, vengono generati oltre due miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani e si prevede che questa cifra raggiunga i 3,8 miliardi di tonnellate entro il 2050. La necessità di un cambio di rotta è ormai una consapevolezza crescente. Se guardiamo solo a qualche anno fa non avremmo visto nessuno andare in giro con la borraccia dell'acqua , eppure ora è un nostro accessorio quotidiano. Cambiare questa abitudine è stato facile, e a volte l'aiuto ci viene da opportune decisioni istituzionali: il divieto delle buste di plastica non biodegradabili ormai oltre 10 anni fa ne è un esempio, così come in molte città da Londra a Parigi e recentemente anche a Roma la scelta delle amministrazioni di realizzare 'case dell'acqua' che erogano acqua potabile naturale o addirittura frizzante ha convertito al refill anche molti irriducibili delle bottiglie di acqua comprate al supermercato.
Il boom dei mercatini dell'usato, affollati anche di giovani è un segno del trend che mescola consapevolezza sul tema rifiuti ed esaurimento risorse e risparmio. Cercare oggetti vintage, fare shopping di seconda mano è di moda, per fortuna, e così è diventato di tendenza allungare il ciclo di vita dei prodotti.
Piccole cose di fronte al perdurare del deleterio fast fashion ad esempio ma anche qui la consapevolezza del consumatore crescente di anno in anno e le decisioni comunitarie dall'alto che hanno stabilito che entro il 2030, i prodotti tessili presenti sul mercato dell'Unione europea dovranno essere durevoli e riciclabili, in larga misura costituiti da fibre riciclate, privi di sostanze pericolose e prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell'ambiente, dovrebbero far uscire di moda il fast fashion: la moda rapida sarà fuori moda è la speranza dell'Ue nell'ambito dell'ambizioso Green Deal . La stessa Ue nella direttiva del marzo 2022 citava l'ampia disponibilità di servizi di riutilizzo e riparazione economicamente vantaggiosi per indurre i consumatori a dare vita lunga ai loro tessili di qualità.
Le 5 R dell'economia circolare ossia Riduzione, Riuso, Riciclo, Raccolta, Recupero di cui si parla da fine anni '90 sono a distanza di quasi 30 anni quanto mai anzi ancora di più attuali. Come per tutti i cambiamenti sociali la strada è lenta, ci sono da scardinare abitudini, superare pregiudizi. Se guardiamo indietro moltissima strada è stata fatta, l'esempio iniziale delle borracce racconta molto, come anche il refill frizzante in strada. Sul recupero c'è ancora molto da fare perlomeno in Italia: le ciclofficine sono poche ad esempio, i posti dove si riparano oggetti tecnologici sarebbero da incrementare a fronte di una domanda in crescita, aprono i Repair Cafè in tutta Italia, c'è Wefix.it che con 285 centri assistenza selezionati su tutta la Penisola è una realtà, a Milano c'è la storica Associazione Giacimenti urbani che promuove la cultura della prevenzione degli sprechi e dell’economia circolare, ma siamo agli inizi. Il mercato dei ricondizionati , ossia di quei prodotti che vengono riutilizzati ma che sono stati sottoposti a un processo di revisione e garanzia professionale, sta conoscendo un boom, come attestato anche da un recente report di Wallapop sui nuovi modelli di consumo second hand ormai senza pregiudizi. Uno studio di Ipsos per Certideal, presentato in questi giorni, racconta proprio L'Italia del ricondizionato, a partire dallo smartphone come simbolo di un nuovo consumo sostenibile". Lo studio offre uno spaccato dettagliato su come l'Italia stia cambiando approccio verso la tecnologia sostenibile, con dati inediti che mostrano l’evoluzione del ricondizionato da scelta economica a decisione ecologica e consapevole.
Il 19 ottobre scorso nel mondo si è festeggiato l’International Repair Day: il primo fu nel 2017, anche qui di nuovo, un grande cambio di prospettiva in così pochi anni.
Da “upcycling” a “underconsumption core”: termini e trend contro il consumismo
Come sottolinea Esteban Touma Portilla, Content Producer e insegnante di Babbel Live, l'emergere di termini e neologismi specifici legati al mondo del ri-uso, insieme alla, diffusione di nuovi trend attraverso i social media, riflette una tendenza globale verso un modo di vivere più sostenibile che incoraggia a ripensare al ciclo di vita dei prodotti, per ridurre gli sprechi ed avere più cura del pianeta.
Upcycling: con questo termine inglese si indica il riutilizzo di materiali o oggetti di scarto e la loro trasformazione in prodotti di qualità o di valore superiore rispetto all’originale. Si può applicare a diversi ambiti tra cui l’arredamento, con il restauro di vecchi mobili, e l’abbigliamento, con la modifica di indumenti per renderli più attuali. Oltre a ridurre gli sprechi, è un ottimo modo per promuovere la creatività.
Repurposing: si tratta di una tecnica sostenibile volta ad utilizzare un oggetto o un materiale per uno scopo diverso da quello originario al fine di allungare il suo ciclo di vita; si differenzia dall’upcycling perché l’obiettivo non è incrementale il valore, ma dare una nuova funzione all’oggetto. Anche in questo caso è applicabile in modi differenti: un paio di jeans può diventare una borsa, una porta può essere utilizzata come tavolo o una bottiglia di vetro può essere trasformata in un’originale lampada.
Crafting: questa parola viene impiegata per indicare la creazione di elementi decorativi realizzati a mano. Un esempio di crafting nell’ambito del ri-uso creativo è il patchwork ovvero l’utilizzo di ritagli di tessuto, anche di stampe o colori differenti, per la creazione di qualcosa di nuovo e unico: dalle coperte ai jeans fino alle giacche.
Underconsumption core: trend estremamente recente e diffusosi a partire dai social, l'“underconsumption core” (la parola “core” indica nel mondo dei social media un’estetica condivisa dagli utenti, underconsumpion significa sottoconsumo) promuove il minimalismo e il ri-uso dei beni, specialmente nel campo dell’abbigliamento e del make-up, per ridurre al massimo gli sprechi. In questo senso molti creator, in particolare appartenenti alla Gen Z, offrono esempi di questo approccio mostrando scarpe ormai consunte o utilizzando fino all’ultima goccia di crema idratante, evidenziando così l'importanza di ridurre gli sprechi e valorizzare ciò che già si possiede.
Swap party, freecycling e gratiféria: un’altra idea per dare una seconda vita alle cose può essere quella di prendere parte ai cosiddetti “swap party”, eventi in cui i partecipanti si scambiano oggetti o vestiti che non utilizzano più oppure utilizzare il “freecycling”, ovvero barattare ciò che non è più necessario attraverso piattaforme online. Si può anche visitare una “gratiféria” (neologismo spagnolo nato dalla combinazione tra “gratuit” - gratuito - e “feria” - fiera), un mercatino dell’usato in cui le persone possono portare degli articoli per donarli gratuitamente e prendere a loro volta ciò di cui hanno bisogno.
もったいない (mottainai): si tratta di una filosofia giapponese “anti-spreco” destinata a prendere sempre più piede nella società consumistica occidentale; la parola esprime infatti il senso di dispiacere e rammarico provati per l’atto di sprecare. Sebbene l’origine del termine non sia certa, la teoria più accreditata è il legame con lo shintoismo, tra i cui insegnamenti vi è l’animismo (ogni cosa ha dentro di sé uno spirito): in questo senso, in Giappone si ha rispetto per ogni “anima” e si ritiene un peccato non amare o non sfruttare fino al loro massimo potenziale gli oggetti.
La guida al lessico del “thrifting”
Con “thrifting” (da “thrift”, in italiano “risparmio”) si intende l’acquisto di beni di seconda mano (o nella loro accezione più affettuosa “pre-loved”, letteralmente “già amati”), con particolare riferimento ai capi di abbigliamento e agli accessori, spesso di marca o di alta qualità, ad un prezzo molto conveniente.
Dalla ricerca dell'affare migliore alla condivisione sui social del proprio “haul” (“bottino”) di acquisti, la pratica del “thrifting” - seppur diffusa da tempo - ha acquisito negli ultimi anni sempre più apprezzamento nell’ottica di ridurre il più possibile i propri consumi.
Proprio per questo si sta sviluppando un lessico specifico legato al thrifting, composto da acronimi, anglicismi e termini nuovi.
Andar a caza de gangas: l’espressione spagnola, traducibile con “andare a caccia di affari”, ha due principali origini etimologiche. La prima è riconducibile all'uccello “ganga”, un volatile dalla carne dura e di difficile digestione che non vale la pena cacciare; nel tempo il termine ha assunto un significato figurato, riferendosi a un “affare vantaggioso” o a un acquisto ottenuto a un prezzo molto inferiore rispetto al suo valore reale, rappresentando l’idea di una “cattura facile”. La seconda origine viene dal francese “gangue”, che in ambito minerario indica il materiale di scarto separato dai minerali preziosi, considerato inutile. Nella lingua spagnola moderna, ganga è sinonimo di termini come “chollo”, “bicoca” e “ocasión”, tutti riferiti a un buon affare.
Deadstock: termine usato per riferirsi ai prodotti di vendita al dettaglio che rimangono sugli scaffali invenduti e finiscono per diventare “deadstock”. Questi articoli in giacenza vengono spesso donati ai negozi dell'usato o venduti all'ingrosso nei mercatini. Per smaltirli in Giappone, all’inizio dell’anno, è tradizione comporre le “fukubukuro” (“borse della fortuna”): i commercianti confezionano borse con l’invenduto per poi venderlo ad un prezzo molto scontato.
O.O.A.K.: questo acronimo, diffuso soprattutto online, sta per “one of a kind” (“unico nel suo genere”) e viene impiegato dai rivenditori per descrivere prodotti fatti a mano, opere d'arte ed articoli che sono stati personalizzati e resi unici, aumentando di conseguenza anche il loro valore.
Flea bite: traducibile in italiano come il “morso della pulce”, nel contesto del thrifting viene utilizzato per definire le piccole scheggiature che possono trovarsi soprattutto su oggetti di vetro o di porcellana, pretesti perfetti per contrattare un prezzo più basso.
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