Buio in sala, solo che la sala del teatro non è una sala. E' lo spazio di un capannone che per quarant'anni ha ospitato la Gea Grafiche Editoriali Ambrosiane e ora è diventato lo spazio della no profit Assab One, di che si occupa di arte. Questo è stato il palcoscenico di Frankenstein, produzione Office for a Human Theatre, lo studio di ricerca di Filippo Andreatta, realizzato in collaborazione con Three productions e Piccolo teatro che lo ha inserito nel programma del festival internazionale Presente indicativo.
Da un lato un mixer del suono, dall'altro uno schermo con l'immagine di montagne su cui vengono proiettate parole. vicino quella che sembra la statua di una testa. All'ingresso del pubblico piove da una sorta di impianto che fa cadere acqua in una sorta di pozza. Nessuna sedia perché gli spettatori sono chiamati a muoversi liberamente per vedere e sentire cosa accade in questa riflessione su Frankenstein visto alla luce del cambiamento climatico. Non solo quello di oggi.
Nel 1815 il vulcano Tambora eruttò, una eruzione talmente forte da 'coprire' con la nube prodotta a lungo il cielo della terra e portare a quello che è stato definito 'l'anno senza estate', con gravi carestie, fame e malattie, dalla salmonella al tifo. E' in questa situazione - racconta lo spettacolo - che nel 1816 Mary Shelley ha scritto il suo Frankenstein, storia di una creatura mostruosa, che impara a conoscersi e diventa consapevole nel tempo della propria mostruosità. Una storia che in questo caso incrocia installazione, performance artistica e radiodramma di cui gli spettatori diventano testimoni.
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