"In Sicilia comandano e muovono
voti uomini che hanno trascorso molto del loro tempo, negli
ultimi anni, nei corridoi dei palazzi di giustizia a difendersi
da accuse di contiguità con i mafiosi, alcuni sono stati
condannati, altri sono stati assolti, ma sempre sono emersi
significativi rapporti; eppure, questi soggetti continuano a
muovere le fila della politica in Sicilia". Nino Di Matteo, pm
antimafia siciliano e Consigliere togato del Csm, lancia un
nuovo atto di accusa sul contesto che caratterizza i rapporti
tra mafia e politica, nel corso di un'iniziativa promossa dalla
Flc Cgil Camp a Isola delle Femmine (Pa).
Nel suo intervento Di Matteo ha osservato che nelle prossime
ore sarà al governo del Paese un partito fondato anche dal
senatore Dell'Utri, condannato per concorso in associazione
mafiosa. "Una sentenza definitiva - ha sottolineato - attesta
che per almeno 18 anni è stato l'intermediario di un patto tra
le più importanti famiglie mafiose palermitane e l'uomo politico
Silvio Berlusconi".
Di Matteo ha voluto poi ricordare quanto detto da Paolo
Borsellino in occasione di una conferenza tenuta a Bassano del
Grappa in merito al fatto che "se non è dimostrato un reato, non
si fanno valere le responsabilità politiche di determinate
condotte consapevoli". Il magistrato ha quindi aggiunto "oggi è
anche peggio, non vengono fatte valere le responsabilità
politiche neppure quando un reato è stato dimostrato e con
condanne definitive", per questo serve "una rivoluzione delle
coscienze che scuota il torpore e rassegnazione in cui sembra
sia caduto il Paese", esortando i giovani "all'approfondimento e
alla consapevolezza che non si può accettare che la politica
venga condizionata dalla mafia. Me lo auguro prima da cittadino
e poi da magistrato".
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