Tumore ovarico: migliora l'accesso
alle cure grazie alla rete oncologica campana e al percorso
diagnostico assistenziale messo a terra negli ultimi anni tanto
che è cambiata la rotta delle pazienti che non vanno più a
curarsi fuori regione ma trovano entro i confini del luogo di
residenza le risposte per terapie innovative, personalizzate e
sempre più efficaci contro un big killer che fino a qualche anno
fa aveva poche possibilità di trattamento. Ad accendere i fari
sull'importanza dell'accesso ai test genetico e genomico, sul
percorso di cura (dall'intervento chirurgico alla terapia
farmacologica personalizzata), e sull'importanza della scelta
del centro di cura specializzato e sulle possibilità di
convivere con il tumore ovarico oltre la patologia, scavando nel
vissuto di centinaia di donne affette da cancro ovarico in
Campania o a rischio di svilupparlo è l'Acto (Alleanza contro il
tumore ovarico) che ha patrocinato a Napoli un confronto tra
clinici, oncologi medici, chirurghi, istituzioni sanitarie con
il supporto di Gsk.
"Il Pascale, l'Università Federico II, alcuni centri chirurgici
certificati - avverte Sandro Pignata, primario del Pascale e
responsabile scientifico della Rete oncologica campana (Roc),
sono oggi centri attrattori di pazienti affette da tumore
ovarico provenienti anche da altre regioni. Il nostro Pdta
(Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) è diventato un
modello anche per altre realtà assistenziali. Il tumore ovarico
e quelli eredofamiliari richiedono competenze multidisciplinari
e multiprofessionali e una presa in carico che va dalla fase
della diagnosi al follow-up che. Fasi che nella rete oncologica
campana sono ormai una realtà consolidata".
"Cambiamo rotta al tumore ovarico è un viaggio iniziato nel 2010
- ha spiegato Nicoletta Cerana presidente di Acto Italia -
partito da una situazione desolante in molte regioni. Abbiamo
fatto tanta strada per far conoscere il tumore ovarico, ottenere
nuovi farmaci, nuovi percorsi di diagnosi e cura, aumentare per
la prima volta nella storia di questa malattia la sopravvivenza
e addirittura offrire percorsi di prevenzione primaria alle
donne ad alto rischio di tumore ovarico ereditario". A settembre
dello scorso anno Acto ha presentato al Ministero della Salute
il primo Libro (bianco) illustrato sul tumore ovarico,
intitolato appunto "Cambiamo rotta" dando voce ai bisogni e
proposte delle donne con tumore ovarico. Un libro scritto dalle
donne e che racconta storie di vita lungo il percorso affrontato
da nove pazienti tra sintomi, controlli, diagnosi, test genetici
e genomici, cure e opportunità e che raccoglie il contributo di
clinici esperti nell'ambito della diagnosi e del trattamento di
questo tumore. "Il nostro è un lavoro di rete - aggiunge
Giovanni Gerosolima, presidente ACTO Campania - andando sul
territorio, nelle regioni, per offrire informazione e sostegno.
Stiamo lavorando capillarmente per aumentare la consapevolezza
sul carcinoma ovarico in Campania, sulle possibilità e modalità
di cura, sui centri d'eccellenza nel nostro territorio e sulla
correlazione tra incidenza della neoplasia e rischio genetico".
Tra le testimonianze delle nove donne che hanno contribuito alla
stesura del Libro bianco c'è anche quella di Sveva Ferrajoli
Bellosguardo, campana, che è venuta a mancare lo scorso agosto.
Nelle prime righe del suo racconto spiega che la sua malattia è
stata gestita in modo esemplare, grazie alla competenza dei
medici che l'hanno seguita e alla Rete oncologica regionale. "La
Campania - sottolinea Pignata, che è anche presidente del
Comitato tecnico scientifico di ACTO Campania - rappresenta un
esempio virtuoso, un'eccellenza sul territorio italiano". Il
viaggio è ancora lungo: i bisogni insoddisfatti delle pazienti
in Italia sono tanti come emerge da una ricerca condotta da Acto
su 109 pazienti italiane. Manca la consapevolezza
dell'importanza di curarsi in un centro oncologico specializzato
mentre è sentita l'esigenza di avere una cornice normativa
chiara per l'accesso ai test genomici, presupposto delle cure
personalizzate. "Non ultimo è necessario aprire una nuova rotta
sul tema della sessualità per chi ha subito interventi e cure
che riguardano la sfera ginecologica" sottolinea Daniela
Barberio, responsabile del servizio di Psicologia oncologica
dell'Istituto Pascale di Napoli".
Al confronto sono intervenuti anche Francesco Perrone,
presidente nazionale Aiom e direttore dell'unità sperimentazioni
cliniche del Pascale. Umberto Malapelle docente associato presso
il Dipartimento di Sanità pubblica della Federico II che ha
sottolineato l'importanza dell'accesso ai test genetici per la
ricerca delle mutazioni ereditarie dei geni Brca 1 e 2 (che
caratterizzano una instabilità genetica e una eredofamiliarità
di questo ed anche altri tipi di tumori) e al test genomico per
la ricerca delle mutazioni sul tumore asportato per stabilire le
terapie più indicate e predirne l'efficacia.
Dalla ricerca condotta da ACTO Italia l'88% delle pazienti è
stato informato riguardo al test genetico per le mutazioni BRCA:
l'81% lo ha effettuato, il 7% ha preferito non farlo. Al
restante 12% non è stato proposto. Il 27% delle pazienti che
hanno effettuato il test è risultato BRCA-positivo. Il 76% delle
pazienti conosce inoltre il test genomico per la ricerca del
deficit della ricombinazione omologa (HRD) e di altre
alterazioni del genoma del tumore. Nel 45% dei casi è stato
eseguito tale test. Il 41% ha effettuato sia il test genetico
sia il test genomico. Quasi tutte le pazienti hanno effettuato
l'intervento chirurgico (92%) e la chemioterapia (86%). Il 27%
ha seguito/segue anche una terapia di mantenimento, terapie che
oggi stanno consentendo di tenere sempre più sotto controllo la
malattia in stadio avanzato, ma che richiedono una gestione
davvero multidisciplinare delle pazienti. Soltanto il 27% delle
donne sceglie consapevolmente di curarsi in un centro di
riferimento per l'Oncologia ginecologica perché sa che qui
riceverà le cure migliori che significa competenza ginecologica
oncologica, approccio multidisciplinare, chirurgia di
eccellenza, metodiche diagnostiche e terapie innovative. Occorre
quindi aumentare l'informazione sui centri di eccellenza per
promuovere scelte più consapevoli. "In Campania - ha ricordato
Malapelle - al Pascale e nelle Università, hub della rete
oncologica, è possibile effettuare questi test ed esiste un
percorso definito per i tumori eredofamiliari".
Ad accendere i riflettori sull'importanza di effettuare
l'intervento chirurgico in un centro certificato per quantità e
qualità delle operazioni annue e sul percorso di cura Vito
Chiantera primario di Ginecologia oncologica del Pascale,
Francesca Falcone ginecologa Oncologa e referente scientifico
alla Malzoni Research Hospital di Avellino, Emanuela Rossi
oncologa coordinatrice del Gom tumori ginecologici ed
eredo-familiari del Moscati di Avellino e Carmine De Angelis,
ricercatore di Oncologia medica alla Federico II. Fondamentali
nella cronicizzazione della malattia i Parp inibitori, farmaci
in grado di evitare che le cellule trattate con la chemio
possano riparare i danni e per spingere alla morte cellulare
programmata (Apoptosi) delle cellule cancerose. A completare gli
interventi il manager dell'ospedale di Avellino Renato Pizzuti,
di Anna Maria Ferriero - dirigente regionale del settore
Assistenza ospedaliera e di Gaetano Piccinocchi per l'area della
medicina generale (membro del Comitato nazionale della Simg) che
con mille medici ha aderito alla Rete oncologica campana. Al
tavolo di Acto sottolineata infine l'importanza della dieta
intesa come scelta dei cibi e della loro cucina sia per
minimizzare gli effetti delle chemioterapie sia per la
prevenzione primaria e secondaria con la Biologa nutrizionista
del Pascale Teresa Di Lauro e lo Chef Matia Barciulli con cui
sono state illustrate proprietà e ricette originali attingendo
ai costitutivi della Dieta Mediterranea.
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