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In evidenza
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In collaborazione con #Giffoni54
(dell'inviata Cinzia Conti)
C'è un giovanissimo ladro dagli occhi
tristi e profondi, e non importa se a essere rubata non è una
bicicletta ma un cane. Poi c'è la grandissima povertà, c'è
l'essere rimasti orfani, c'è quell'infanzia finita troppo presto
o forse mai cominciata in nome di un lavoro duro come quello
dello sciuscià. E non importa se la città è la Paz in Bolivia e
non è Roma, il richiamo a Vittorio De Sica seppur da così
lontano prende il cuore. Arriva in concorso e in anteprima al
festival di Giffoni (e nelle sale in autunno) il film El Ladrón
de perros (Ladro di cani) del cileno Vinko Tomicic, dopo essere
stato presentato in anteprima mondiale al Tribeca Film Festival
a New York e sempre in concorso al festival di Guadalajara in
Messico.
"Sono felice di essere a Giffoni e molto soddisfatto che per
realizzare questo film sulla vita di un adolescente orfano
boliviano - dice all'ANSA Tomicic - si siano uniti ben sei paesi
differenti. Ringrazio i sei produttori che da Bolivia Cile
Messico Ecuador Francia e Italia (con la Movimento Film di Mario
Mazzarotto con Francesca van der Staay) hanno creduto nel film,
è bello quando una storia diventa universale e può dialogare con
diversi paesi e diverse culture. Questo è l'eccezionalità del
cinema!". "Il mio - dice il regista - è in qualche modo un
omaggio al cinema di De Sica e al neorealismo. Conoscevo De Sica
di fama ma non avevo visto Ladri di biciclette se non durante il
montaggio del film. Ora, dopo averlo visto, posso dire che ne
sono rimasto folgorato e posso aggiungere che il mio film è un
omaggio involontario al suo lavoro, perché il suo cinema fa
parte del nostro immaginario collettivo. In principio il film si
sarebbe dovuto chiamare "Perros" (cani) ma dopo aver visto Ladri
di biciclette ho deciso di cambiare il nome. Il Neorealismo che
oggi in Italia sembra così lontano, nel mio paese è del tutto
attuale. Fare film indipendenti in America Latina oggi ha senza
dubbio una molteplicità di connessioni naturali con quello che è
stato a suo tempo il Neorealismo".
El Ladrón de perros è l'opera seconda di Vinko Tomicic,
classe 1987, che racconta la vita dell'orfano Martín nel suo
peregrinare per le labirintiche strade di La Paz, che divengono
metafora delle sfide che il giovane protagonista (Franklin Aro
Huasco per la prima volta sullo schermo scelto con una ricerca
specifica nella comunità dei lustrascarpe) deve affrontare.
Tomicic ha già annunciato che il giovane "sarà protagonista del
suo prossimo film, un road movie lungo la cordigliera andina".
Nel cast anche Alfredo Castro, volto iconico del cinema
latinoamericano.
A La Paz tutte le mattine, Martín, lustrascarpe di
professione, cammina percorrendo i ripidi vicoli verso il centro
della città. L'infanzia è per lui un lontano ricordo e, come
tutti i suoi colleghi, indossa un passamontagna per nascondere
il viso. Condivide una stanza con l'amico Sombras, suo compagno
di sventure, entrambi ospitati di nascosto nella casa di una
anziana aristocratica grazie al sostegno della domestica. La
loro condizione è precaria e il suo animo tormentato dal
desiderio di una vita migliore ma la sua sofferenza maggiore è
legata al fatto di non avere genitori. Nella sua immaginazione,
intrisa di speranza pensa che uno dei suoi clienti migliori, il
signor Novoa, sia suo padre. L'uomo è un sarto solitario molto
devoto al suo pastore tedesco, Astor, che tratta come un figlio.
Martín escogita un piano: rubare Astor per avvicinarsi al signor
Novoa, con la speranza di ottenere finalmente il riconoscimento
paterno.
In collaborazione con #Giffoni54
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