(di Lorenzo Trombetta)
ROMA - Con l'arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump e con la presa del potere a Damasco dell'ex qaidista Ahmad Sharaa (Jolani) sembra aprirsi una nuova pagina nella storia dei tumultuosi rapporti tra la superpotenza occidentale e il martoriato paese mediorientale, da anni sotto sanzioni americane ed europee, a lungo indicato da Washington come un "paese canaglia" e "sponsor del terrorismo internazionale". Proprio Sharaa, il nuovo leader di fatto della Siria post-Assad e a capo di una coalizione (Hayat Tahrir Sham, HTS) che ancora figura nella lista dei gruppi terroristici redatta dal Dipartimento di Stato americano, ha salutato con entusiasmo l'avvio del secondo mandato presidenziale di Trump.
"Siamo convinti che (Trump) sarà il leader capace di portare la pace nella regione e ripristinare stabilità", ha detto Sharaa, che ha espresso la volontà di migliorare i rapporti tra Siria e Stati Uniti, da decenni in aperta rivalità a causa tra l'altro della politica, prima, filo-sovietica e, poi, filo-iraniana dell'ex potere di Damasco.
Da settimane il nuovo governo siriano chiede insistentemente che gli Stati Uniti e l'Unione Europea levino le sanzioni da anni imposte alla Siria, devastata da 14 anni di guerra intestina e regionale e afflitta da una perdurante crisi economica. Nel Paese sono dispiegati circa 2 mila soldati americani, concentrati nel nord e nel nord-est. Nelle ultime settimane, in corrispondenza con la dissoluzione del potere incarnato per più di mezzo secolo dalla famiglia Assad lo scorso 8 dicembre, il Comando centrale americano ha intensificato l'invio di rinforzi militari proprio nelle regioni settentrionali e nord-orientali della Siria, fuori dal controllo del governo centrale di Damasco e amministrate dalle autorità curdo-siriane. In queste aree, le truppe Usa hanno rafforzato la loro presenza attorno ai giacimenti energetici a est dell'Eufrate e hanno esteso il controllo delle zone fino a due mesi fa controllate dalle forze russe a nord di Raqqa e di quelle filo-iraniane nell'area di Dayr az Zor.
Sulla presenza delle truppe americane in Siria, finora Sharaa e i suoi colonnelli a Damasco non si sono espressi. Mentre l'ambasciatore siriano all'Onu ha protestato di nuovo ieri per la presenza di forze militari israeliane nel sud-ovest della Siria, nella zona delle Alture occupate del Golan. L'alleanza strategica tra Stati Uniti e Israele e la vicinanza politica tra Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu sembrano rappresentare un ostacolo sulla via della normalizzazione dei rapporti tra Washington e Damasco. A meno che Sharaa, originario proprio del Golan (da cui l'epiteto arabo: Jolani), non decida di aprire lui stesso alla pace con Israele.
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