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ANSAcom - In collaborazione con Kimbo
“Noi ci siamo presi il titolo di ‘caffè di Napoli’ siamo nati quando il caffè in questa città iniziava ad avere la sua importanza e ritenevo opportuno dare qualcosa a Napoli e abbiamo deciso di iniziare dai più deboli, dai detenuti del carcere di Secondigliano che formeremo al meglio affinché possano poi essere reinseriti nella società”. Lo ha detto Mario Rubino, presidente Kimbo, in occasione della sottoscrizione del protocollo tra l’azienda, il penitenziario di Secondigliano e la Diocesi di Napoli che dà il via al progetto di reinserimento di dieci detenuti denominato ‘Un chicco di speranza’. Il programma si sviluppa su più direttrici dalla formazione professionale di barista fino alla realizzazione di una piccola piantagione di caffè in un terreno all’interno della struttura carceraria. “Questo caffè si chiamerà ‘caffè di Secondigliano’ – ha sottolineato Rubino – ci vorrà del tempo affinché il caffè possa crescere ed essere raccolto, ma abbiamo voluto piantare questo seme di speranza in un luogo dove tanta fortuna non c’è. Speriamo che questo campo incolto diventi il campo dei miracoli, che diventi il primo momento di rinascita”. Primo step del progetto è la formazione dei detenuti. “Noi saremo molto rigidi nell’insegnare l’arte del caffè e dell’essere barista – ha affermato Rubino – perché per loro speriamo il meglio e da parte loro ci vorranno impegno, dedizione e perseveranza”.
ANSAcom - In collaborazione con Kimbo
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