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"La possibilità di essere curate nei centri di riferimento di alta specialità, che eseguono un elevato numero di interventi chirurgici all'ovaio, non è ancora una realtà in Italia". È quanto rileva Nicoletta Cerana, presidente di Acto Italia (Alleanza contro il tumore ovarico ETS) nel corso dell'evento di presentazione delle attività dell'Ovarian Cancer Commitment oggi a Roma.
Nel tumore dell'ovaio la chirurgia ha grande importanza sia a fini terapeutici, perché consente la rimozione del tumore, sia a fini diagnostici poiché permette una valutazione dell'estensione anatomica della malattia. Una procedura chirurgica appropriata si traduce in un significativo miglioramento della prognosi e della qualità della vita delle pazienti. Tuttavia, ciò a patto che la struttura rispetti registi di qualità elevati. La Società Europea di Oncologia Ginecologica ha predisposto una serie di indicatori per la chirurgia del carcinoma ovarico e una conseguente certificazione dei centri ospedalieri che offrono livelli adeguati di chirurgia, che vanno dalla presenza di un chirurgo specializzato al volume minimo di interventi annui (almeno 30), alla presenza di team multidisciplinari fino alla possibilità di accesso alle sperimentazione cliniche.
Tuttavia, a oggi, "come rileva il Policy Paper dell'Ovarian Cancer Commitment, nel nostro Paese solo 3 centri possiedono un volume di interventi annui superiore a 100. La grande maggioranza non supera i 20 casi l'anno e non può ottenere la certificazione Esgo", aggiunge Cerana. "A ciò si aggiunga che solo 7 Regioni hanno identificato i centri di riferimento regionali e le loro caratteristiche", conclude.
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