.Migliaia di allevatori amatoriali italiani di cani rischiano "il blocco dell'attività per una direttiva europea mal applicata". Lanciano quindi un appello per un intervento correttivo e chiedono al ministero delle Politiche agricole l'apertura di un tavolo tecnico per una legge quadro nazionale che disciplini "in maniera chiara e inequivocabile l'attività cinotecnica in Italia".
Il Gruppo Allevatori Cinofili nel denunciare la situazione sollecita questa legge "prima che una direttiva europea, già recepita da un decreto legge del 2022 e in attesa degli strumenti attuativi sui quali si può ancora intervenire, finisca per mettere fuori legge migliaia di allevatori amatoriali, che costituiscono ad oggi l'80% del totale degli allevatori cinofili italiani" e che garantiscono la selezione e il mantenimento degli standard di razza per oltre trecento specie di cani riconosciuti.
"Ad oggi - spiega il portavoce del Gruppo, Attilio Presta - esiste una legge nazionale di settore (n. 349/1993) da cui discendono molte leggi regionali che hanno definito i parametri dell'allevamento professionale (20%) lasciando scoperto l'80% delle attività (gli amatoriali) generando confusione, concorrenze sleali e favorendo l'allevamento occasionale e intensivo, spesso in infrastrutture sorte da prescrizioni che poco hanno a che fare con la tutela del benessere del cane. Ma, cosa più grave, favoriscono gli importatori e quindi il proliferare di cuccioli poco socializzati, privati dell'apporto materno, e che presto presentano seri problemi comportamentali, finendo per strada o nei canili".
"Il vero e imminente pericolo - conclude il Gruppo allevatori cinofili - è dato dal Dl n.134/2022 nel quale sono state inserite alcune definizioni sull'allevamento amatoriale che introducono modifiche penalizzanti rispetto alla legge nazionale di settore e che rischiano di portare alla chiusura gran parte degli allevamenti amatoriali che da sempre sono i veri garanti della selezione e dell'approccio etico".
"Oggi più che mai - avverte Attilio Presta - il cane è entrato nelle nostre famiglie non più come animale d'affezione ma come 'animale sociale' e questo richiede che ad occuparsi della selezione e della riproduzione siano soggetti etici e consapevoli e che per garantire ciò ci sia una unica legge che detti regole valide su tutto il territorio nazionale. Da parte nostra - aggiunge - siamo sin da subito disponibili, insieme alle altre figure istituzionali competenti in materia, a costruire insieme un sistema di garanzia per il 'cane di razza' e a tutela delle famiglie che lo introducono nel loro contesto affettivo".
Il Gruppo Allevatori Cinofili spiega di essersi costituito "all'indomani del polverone, con tanto di interrogazioni parlamentari, sollevato dall'inchiesta della trasmissione televisiva 'Report' su RaiTre, che ha puntato i riflettori sull'attività dell'Enci, l'ente a cui spetta la gestione e il controllo dell'attività cinofila e cinotecnica in Italia, membro della Federazione Cinofila Internazionale. "L'effetto Report - spiega Presta - rischia di concentrare l'attenzione dei politici e del Parlamento unicamente sull'Enci e sulle sue nomine di competenza ministeriale, con buona pace per la salute dei cani e per la sopravvivenza di una miriade di piccoli allevatori che operano con etica e serietà".
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