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Responsabilità editoriale di ASviS
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La situazione internazionale è tutt’altro che favorevole. Soffiano venti di guerra, l’impatto del cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti, le disuguaglianze si fanno sentire. L’Italia e l’Europa non sono sul sentiero tracciato dall’Agenda 2030. Ma la domanda di sviluppo sostenibile è crescente, lo dimostrano i sondaggi. Serve un approccio nuovo da parte della politica, e rinviare le azioni è una pessima scelta.
Questi i temi emersi dalla presentazione del Rapporto ASviS 2024, “Coltivare ora il nostro futuro. L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, che si è tenuta il 17 ottobre a Roma, in una sala dell’Acquario Romano gremita, e in diretta streaming. L’evento è stato moderato dalla giornalista del TG1 Elisa Anzaldo.
Marcella Mallen, presidente dell’ASviS, ha aperto l’incontro ricordando l'impatto drammatico delle crisi in Medio Oriente e in Ucraina che “richiedono con urgenza il ritorno della diplomazia” e “la voce unica e forte dell’Unione europea”, per ristabilire il “legame indissolubile tra sviluppo sostenibile, società civili e democratiche e il bene assoluto della pace”.
Mallen ha sottolineato poi il grave ritardo dell’Italia sui 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), esprimendo in particolare preoccupazione per l’aumento della povertà assoluta, che ha raggiunto l’8,5%, e per il tasso di abbandono scolastico, che interessa il 10,5% dei giovani tra i 10 e i 24 anni. “Sono dati che un Paese come il nostro non può leggere senza provare imbarazzo”, ha aggiunto Mallen, evidenziando l'urgenza di politiche più incisive su inclusione e welfare. “Dobbiamo migliorare i servizi sanitari, promuovere servizi per l’infanzia e l’occupazione femminile. Servono scelte politiche coraggiose e investimenti adeguati da inserire in un Piano di accelerazione nazionale, sotto la responsabilità diretta della presidenza del Consiglio”.
La presidente dell’ASviS ha auspicato che tutte le componenti della società, dalle istituzioni alle imprese e alle università, facciano la propria parte: “Non realizzare lo sviluppo sostenibile vuol dire ridurre la qualità della vita delle persone, la tenuta dei territori, la capacità del pianeta di rigenerarsi. Questo non è il tempo del disimpegno, è il tempo di coltivare il nostro futuro”.
“Mi sono domandato se fare un ennesimo rapporto ASviS su queste tematiche potesse effettivamente aiutare chi si sente escluso. La risposta è sì, ma non basta, anche alla luce delle grandi crisi internazionali”. Così ha esordito Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Alleanza, intervenendo sul palco dell’Acquario Romano. “Non possiamo dire ‘prima risolvano loro i problemi e poi noi ci diamo da fare’. Non può essere la scusa per rinviare scelte che dobbiamo fare oggi. Il titolo del Rapporto significa che il futuro è nostro, che dobbiamo prendercene cura. ‘Futuro’ è una parola che, negli interventi del presidente della Repubblica, è particolarmente presente, nonostante il mondo sembri andare in altre direzioni”.
Passando all’analisi del Rapporto, il nono dell’Alleanza, Giovannini ha evidenziato che “al ritmo attuale solo il 17% dei Target globali dovrebbe essere raggiunto”, mentre per un terzo di essi non vi è un progresso significativo o addirittura si sta tornando indietro. D’altra parte, i sondaggi sottolineano una crescente domanda di sostenibilità da parte della popolazione, con il 65% delle persone che auspica un cambiamento radicale del sistema politico ed economico, mentre è bassa la fiducia nei governi. Che contributo darà in questo senso il Patto sul futuro, approvato recentemente dagli Stati membri dell’Onu, inclusa l’Italia? “Se sarà un’altra utopia lo vedremo nei prossimi summit”, ha detto Giovannini, ma ha sottolineato l’importanza del “tentativo di riformare l’Onu, l’architettura finanziaria globale, le governance di Banca mondiale, Fmi e Wto, riconoscendo il diritto dei Paesi emergenti ad assumere un ruolo più forte”.
Parlando dell’Europa, Giovannini ha osservato che, sebbene siano stati fatti passi avanti in settori come le energie rinnovabili e il lavoro dignitoso, le disuguaglianze restano un problema cruciale. I nuovi orientamenti politici dell’Ue fanno ben sperare, in linea con il manifesto proposto a maggio dall’ASviS e con le opinioni della maggioranza degli europei.
La posizione dell’Italia rispetto agli SDGs, ha spiegato Giovannini, è negativa, con miglioramenti significativi soltanto nell’economia circolare. Il Rapporto approfondisce quattro potenziali game-changer per il nostro Paese: la legge sull'autonomia differenziata, la modifica della Costituzione, la legge europea sul ripristino della natura e quella sulla rendicontazione delle imprese. “L'autonomia differenziata ci preoccupa molto: mentre l'Italia chiede più coerenza all'Ue, a livello nazionale facciamo il contrario. Negli altri aspetti, invece, vediamo grandi opportunità”, ha affermato il direttore scientifico dell’ASviS.
In foto: Enrico Giovannini
Collegata da Bruxelles, Pina Picierno, esponente del Pd e vicepresidente del Parlamento europeo, ha sottolineato come la nuova legislatura Ue sia un’occasione per accelerare sulla sostenibilità, anche se non mancano forze politiche che spingono per un ritorno al passato. “Dobbiamo essere un continente che fa dell'equilibrio tra crescita e sostenibilità la propria cifra”, ha dichiarato. “Le tracce contenute nei rapporti Draghi e Letta devono diventare sostanza industriale delle nostre azioni quotidiane. Bisogna concentrarsi su quelle tecnologie in cui l'Ue ha un vantaggio, sviluppare la governance per un'Unione europea autentica, per un mercato comune che abbia le spalle più larghe. Serve una politica di coesione nuova, che tenga conto delle disuguaglianze territoriali e che migliori i servizi pubblici, come istruzione e sanità”.
Da un’altra prospettiva Antonella Sberna, esponente di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Parlamento Ue: “L’Agenda 2030 contiene obiettivi guida, ma devono confrontarsi con una realtà esacerbata da conflitti e incertezze. Le politiche Ue sono estremamente difficili da implementare in poco tempo, e il problema di fondo sono gli investimenti. La transizione deve essere un processo inclusivo, mettendo al centro l’innovazione e la convergenza economica, e il nostro tessuto imprenditoriale e sociale deve accompagnarla”.
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