Un'accelerazione sui progetti del
Pnrr, per non vanificare gli sforzi compiuti finora, al fine di
arginare vincoli burocratici, tagli ministeriali e l'emorragia
di ricercatori.
L'appello arriva da parte del rettore dell'Università
dell'Aquila, Edoardo Alesse nel discorso inaugurale dell'Anno
Accademico 2024-2025. "E' passato un altro anno - ha detto - e
siamo ormai in dirittura d'arrivo, con il rischio di schiantarci
contro il muro dei severi controlli previsti dai ministeri e
dall'Europa. Occorre quindi immediatamente accelerare la
velocità di spesa dei progetti in cui siamo coinvolti, che
attualmente in molti casi segna il passo (mediamente inferiore
al 50%) e definire percorsi di consolidamento delle
infrastrutture e degli investimenti effettuati, stabilizzare il
maggior numero possibile dei ricercatori programmati e assunti
e rendere operative le riforme introdotte come elementi
sostanziali del piano, facendo le cose al meglio pur nella
ristrettezza dei tempi di cui disponiamo". Secondo il rettore
"uno degli aspetti di maggior pregio del Pnrr, oltre all'avere
immesso grandi quantità di risorse nel sistema universitario è
stato quello di aver promosso una filosofia operativa nuova
basata sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione,
attraverso la formazione di network tra Università, enti di
ricerca ed istituzioni pubbliche e private, per raggiungere
risultati che individualmente non sarebbero stati possibili".
"Ora - riprende - approssimandoci alla fine del programma
sarà importante non dissipare questa capacità di aggregazione
tra le università e i più importanti interlocutori del mondo
scientifico e produttivo, per realizzare la previsione della
Missione 4 Componente 2 del piano. Anche per questo motivo
ritengo che i tagli ministeriali effettuati di recente siano
poco appropriati in quanto rischiano di annullare l'eccellente
lavoro realizzato con fatica e abnegazione da migliaia di
ricercatori assunti a tempo determinato, alcuni dei quali
(pochi) saranno recuperati in contesti produttivi, mentre altri
(molti) saranno destinati a rimanere precari oppure a rifugiarsi
all'estero o nelle università telematiche. La previsione
dell'esodo di 14.000 ricercatori in 10 anni". Di qui, la
necessità di trovare risorse alternative.
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