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I numeri dell'osservatorio dell'ANSA sui femminicidi in Italia
Nel 2023 sono state uccise 120 donne, 98 hanno trovato la morte in ambito familiare affettivo, in particolare 64 donne sono state ammazzate dal partner o ex partner. I dati sono in linea con quelli dell'anno precedente.
"Nel corso degli anni Novanta del Novecento gli omicidi in Italia erano circa 1.900 l'anno, commessi soprattutto da esponenti della criminalità organizzata", negli ultimi 5 anni si sono ridotti a circa 300 l'anno: "Si tratta di un dato cruciale perché colloca l'Italia tra i Paesi più sicuri nel mondo".
A snocciolare questi numeri, che smentiscono la sensazione di insicurezza che molti italiani provano, è il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio. "Un'ombra inquietante rimane per il numero di omicidi avvenuti nell'ambito dei rapporti familiari ed affettivi", aggiunge però Curzio.
E questo vale soprattutto per le donne.
Nel 2023 ne sono state uccise 120 su un totale di 330 omicidi, 107 donne conoscevano la persona che le ha uccise (89%), in 98 casi il delitto si è consumato in ambito familiare affettivo (81%), in particolare 64 donne sono state uccise dal partner o ex partner (53%). Secondo i dati del Dipartimento di pubblica sicurezza, nello stesso anno gli uomini uccisi sono stati 210, 49 in ambito affettivo (23%) e, nel dettaglio, 5 per mano della partner o ex partner (2%).
Le percentuali descrivono in maniera chiara la differenza di genere, ed è proprio questa differenza una delle ragioni per la quale è stato introdotto il termine femminicidio che la Treccani definisce come "uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica o annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale". Il termine non ha i confini netti di una definizione giuridica ma aiuta a inquadrare meglio un delitto complesso, quello di una donna uccisa in quanto donna.
Per analizzare e mettere sotto i riflettori questo fenomeno l'ANSA ha deciso di creare un osservatorio sui femminicidi, raccogliendo per il 2023 i dati sugli omicidi di donne dalle forze dell'ordine e dai propri giornalisti sul territorio. Questo magazine è il frutto di questo lavoro e i dati raccolti sono a disposizione per ulteriori analisi (per averli scrivere a carmela.giudice@ansa.it).
Sono 120 le donne uccise in Italia nel 2023, in 98 casi (80%) l'omicidio si è consumato in ambito affettivo-familiare. Centosette delle donne ammazzate conoscevano il loro assassino (89%), in 64 casi (53%) la mano armata era quella del partner o dell'ex partner. Dodici donne sono morte in una strage di famiglia (10%), quelle uccise da sconosciuti sono state 16 (13%), per due omicidi non ci sono ipotesi di sorta.
Analizzando gli omicidi commessi nel 2023 rispetto a quelli avvenuti l’anno precedente – secondo quanto emerge dal rapporto del servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale - si nota un aumento nell’andamento generale dei delitti, che da 325 passano a 330 (+2%), mentre il numero delle vittime di genere femminile si riduce, passando da 128 a 120 (-6%).
Focalizzandosi sui delitti commessi in ambito familiare/affettivo si registra un aumento degli omicidi da 144 a 146, con una diminuzione però del numero delle vittime di genere femminile, che da 104 scende a 97. Rispetto al 2022 risulta invariato il numero di omicidi commessi dal partner o ex partner (69 casi), mentre si registra un aumento delle vittime donne, che da 61 salgono a 64 (+5%).
A questi dati vanno però aggiunte le persone uccise dal femminicida o dallo stalker perché erano assieme alla vittima designata o per far soffrire quest'ultima. Nel 2023 sono state 12, quattro donne e otto uomini.
Senza dubbio è la casa il luogo più pericoloso per le donne. Lo scorso anno ne sono state uccise a casa 98 (l'82% del totale). Per quanto riguarda le modalità degli omicidi 45 donne sono state uccise con un coltello (37%), 30 con un'arma da fuoco (25%), 27 a mani nude (22%) e 18 in altre maniere.
Quindici delle vittime di genere femminili erano gravemente malate (12,5%). In quasi un terzo dei casi (32%) l'assassino ha tentato di togliersi la vita dopo aver consumato il delitto, riuscendoci 32 volte (27%), fallendo 7 volte (6%).
Non rientra nei numeri ufficiali neanche il suicidio di una trentatreenne che si è tolta la vita il 28 giugno perché l'ex compagno, condannato in primo grado e in appello a 11 anni per violenze nei suoi confronti, aveva intanto avuto i domiciliari e la donna temeva che potesse nuovamente mettere in pratica le minacce che più volte le aveva rivolto.
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Per analizzare la portata dei femminicidi in Italia bisogna partire dai dati delle forze di polizia. L'ANSA si avvale della collaborazione del servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale (ufficio interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza) che - tra le altre cose - "effettua, anche attraverso l’estrapolazione di dati statistici, l’analisi di tutti gli episodi delittuosi che integrino fattispecie riconducibili alla violenza di genere", come spiega Stefano Delfini, direttore del servizio analisi criminale.
I dati interforze vengono acquisiti dalla banca dati delle forze di polizia e poi confrontati con le informazioni che arrivano dai presidi territoriali di polizia di Stato e carabinieri.
"I dati relativi alla raccolta omicidi rivestono un carattere operativo in quanto suscettibili di variazione in relazione all’evolversi dell’attività di polizia e delle determinazioni dell’autorità giudiziaria - aggiunge Delfini -. Per questa ragione il servizio analisi criminale periodicamente provvede al loro confronto e aggiornamento con i dati del sistema di indagine. L’esame degli elementi informativi acquisiti, che permette di ricostruire la dinamica dell’evento, l’ambito in cui si è svolto il delitto e le eventuali relazioni di parentela o sentimentali che legavano i soggetti coinvolti, consente l’elaborazione del monitoraggio che viene pubblicato sul sito del Ministero dell’Interno con cadenza settimanale. Per noi è importante ricostruire contesti e ambiti in cui si consumano questi reati, approfondendo soprattutto la relazione vittima/autore. Il nostro codice penale, infatti, è basato prevalentemente sulla figura dell’autore del reato, mentre per poter orientare il lavoro delle forze dell'ordine è fondamentale avere delle informazioni anche sulla vittima: per evitare una vittimizzazione secondaria e per avere maggiori elementi sulla relazione con chi commette questo terribile delitto".
La questione, evidenzia Delfini, "è anche culturale e richiede un intervento ad ampio raggio nella società: penso alle famiglie, alla scuola, alle associazioni, ai centri antiviolenza. Nelle Forze di polizia sono stati fatti importanti investimenti sulla formazione dei giovani colleghi, ma anche verso operatori e specialisti in prima linea per poter riconoscere la violenza di genere e poter intervenire in maniera appropriata".
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