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Gli auguri di Natale nelle parole e nelle ricette delle sorelle che pregano e lavorano
Abbiamo cucinato con loro e vissuto una giornata respirando le atmosfere del monastero, riflettendo su "vivere nel mondo senza essere del mondo"
Detta anche la "Santa dei casi impossibili" perché insegna che, se ci si affida a Dio, tutto può accadere. A lei si rivolgono tante persone, soprattutto donne, infermi e famiglie, che confidano nella sua intercessione per superare gli ostacoli della vita. Santa Rita da Cascia, al secolo Margherita Lotti (Roccaporena, 1371/81 - Cascia, 1447/57), è tra i santi più venerati. Rita da Cascia è “una di noi” dicono dal monastero che ne custodisce le reliquie nel piccolo borgo umbro. È stata canonizzata dalla Chiesa nel 1900.
La tradizione vuole che nella notte tra il 21 e il 22 maggio del 1447 (secondo altre fonti nel 1457), le campane suonassero da sole "per dire a tutti che Rita era salita in cielo". E il popolo, dai più poveri ai più ricchi, accorse fin su al Monastero (che allora era intitolato a Santa Maria Maddalena) per omaggiare il corpo santo. Arrivò così tanta gente, per giorni e giorni, che le monache non poterono seppellirla, come invece accadeva per le altre consorelle alla loro morte. Tutti volevano venerare quella che era già considerata una santa. Tutti volevano vederla. Tutti pregare Dio davanti a lei, per chiedere la sua intercessione.
“Essere nel mondo ma non del mondo”, in clausura, al servizio delle consorelle e dei pellegrini provenienti da tutto il mondo, in particolare attraverso il ministero della Consolazione. Questo il senso dell’essere monaca nel terzo millennio nel monastero agostiniano di Santa Rita da Cascia, che a oggi accoglie 23 religiose, "depositarie del carisma della Santa dell’ascolto e forza motrice, insieme ai padri, del Santuario". "Una santa che è tra le più venerate al mondo - spiegano dal tempio - amata per la sua normalità e per aver portato la sua croce con umiltà. La clausura è il mezzo, lo strumento che separa le monache dalla mondanità del mondo, per porle in intimità e in unità con Dio e tra loro, attraverso la preghiera, e a seguire per aprirle all’accoglienza delle persone che bussano alle porte del monastero o in mille altri modi, inviate dalla Provvidenza. Si diventa così “Chiesa in uscita verso le periferie esistenziali”, pur essendo le periferie a raggiungerle fisicamente e virtualmente, piuttosto che il contrario".
Perché, allora, scegliere la clausura e non l’impegno missionario tra la gente? “Nell’essere stesso della monaca – risponde Madre Natalina Todeschini, vicaria del monastero - è scritto l’anelito a voler raggiungere l’umanità intera, la passione per Dio e la passione per ogni uomo”, attraverso la preghiera, “che non ha muri che la sbarrano, confini che la delimitano. Non a caso la Chiesa, che è madre saggia, ha scelto come patrona delle missioni una contemplativa, Santa Teresa di Lisieux”. Le monache di Cascia si mettono così al servizio l’una delle altre, portando avanti le attività necessarie per il sostentamento del monastero, come le arnie, il pollaio e il giardinaggio "che mettono in luce il rapporto con la natura e in generale con il creato, nella logica dell’economia circolare, ma anche al servizio del mondo con il Ministero della Consolazione" nonché con la raccolta fondi - attraverso l’operato dell'omonima Fondazione - che a Natale andrà a favore del diritto allo studio dei bambini e delle bambine più povere sostenuti nelle missioni nelle Filippine (Bulacan e San Pedro) e in Kenya (Ishiara).
“Nel nome di Santa Rita, seguendo la sua scuola d’amore – sottolinea suor Giacomina Stuani, economa del monastero e direttrice editoriale della rivista “Dalle Api alle Rose”– ci facciamo ponte di carità verso chi è nel bisogno, portando un aiuto concreto. Grazie alla generosità dei devoti, gestiamole risorse come in un cerchio, che prende e produce carità. Così riusciamo, insieme, a fare del bene per molti”.
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“La più bella ricetta che possiamo condividere è questa: non lasciarsi vivere dalla vita, ma viverla”. È questo il messaggio che le monache del Monastero di Cascia vogliono diffondere con “Cucinato per Amore”, il regalo solidale del Natale 2022 formato da un libriccino con le ricette, per le feste e non, della loro famiglia, prima quella d’origine e poi quella della comunità, con aneddoti sulla loro vita e un tocco in più per ciascun piatto (un ingrediente, una personalizzazione, un modo di conservarli). Un modo per condividere il sentimento di famiglia e invitare a vivere la vita appieno, aggiungendo quel di più in cucina, così come nella propria esistenza, che le può rendere uniche. Il ricettario è al centro della campagna di Natale della Fondazione Santa Rita da Cascia onlus, che dal 2012 sostiene le opere di carità delle Monache. In questo caso, i fondi raccolti andranno in favore dei progetti che l’organizzazione sostiene per il diritto allo studio dei bambini più poveri, coinvolgendo oltre 500 minori in tutto il mondo ed estendendo anche a loro il sentimento di famiglia, in modo da riscoprire con maggiore consapevolezza la gioia della condivisione in occasione del Santo Natale e della nascita di Gesù Bambino, venuto a illuminare la Sacra Famiglia e la nostra vita.
Sono tre i principali progetti beneficiari della campagna, ricordando che nei Paesi più poveri frequentare la scuola significa potersi garantire anche un pasto. Il primo è quello delle monache agostiniane di Bulacan (Filippine), impegnate a raccogliere le sfide post-pandemia del ritorno a scuola in presenza. Il secondo riguarda la scuola “Madre Fasce” delle consorelle di Ishiara (Kenya), in modo da garantire la retta, i nuovi libri e uno scuolabus. Infine, il terzo coinvolge la scuola delle suore orsoline di San Pedro (Filippine), assicurando il salario degli insegnanti, i libri, il materiale scolastico e il necessario per le aule, la pulizia e l’energia elettrica. “La vita è un dono di Dio, che noi abbiamo il dovere di rendere speciale e unico perché Dio ci ha creato per esprimere la nostra fantasia, in cucina così come nella quotidianità di tutti i giorni - spiega Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero e Presidente della Fondazione - Con il Ricettario, durante le feste, si potranno preparare i propri pasti, secondo la nostra tradizione, con il pensiero rivolto ai bambini più in difficoltà, diffondendo un messaggio di speranza e condivisione, contro tutti i conflitti e le divisioni odierni. Grazie sin d’ora a tutti coloro che vorranno donare, facendosi testimoni viventi di fede”. Quelle dedicate alle feste natalizie sono indicate nel libriccino con la stella cometa. Di seguito qualche esempio: Suor Natalina, originaria della provincia di Vicenza, suggerisce i bigoli, pasta fresca tipica del Veneto, conditi con l’anatra; la Madre Priora, nata a Udine, propone invece il tipico dolce della Gubana, a forma di chiocciola; Suor Giacomina, proveniente dalla provincia di Mantova, suggerisce la Faraona al forno con le patate novelle.
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Sono decine i devoti, donne e uomini, che ogni giorno si accostano alle monache negli speciali parlatori, centinaia quelli che le contattano attraverso la linea dedicata del telefono oppure per mail, per una sorta di ministero della Consolazione 4.0. La richiesta è quella di essere ascoltati e di ricevere conforto e consigli, su problemi di salute e famiglia, domandando preghiere di guarigione e conversione. Nel Terzo Millennio, nella società iperconnessa, ciò che paradossalmente sembra mancare è proprio la capacità di ascolto, a cui le monache di Cascia offrono una risposta. "È un servizio che nasce dall’ascolto della parola di Dio, per poi tradursi nell’ascolto concreto delle persone che, nel bisogno, cercano Dio, seppur a tentoni" spiegano. L’obiettivo è “accostare ogni fratello e sorella nei parlatori, al telefono, con la posta, attraverso i social –riporta un articolo di suor Giacomina Stuani, economa del monastero e direttrice editoriale della rivista “Dalle Api alle Rose” - Chiunque e dovunque esso sia, con la semplicità e l’umiltà di riconoscere che, di fronte al suo bisogno, la nostra risposta è sempre inadeguata, ma con la tenerezza di un cuore che desidera essere un riflesso dell’infinita Misericordia del Padre per ogni suo figlio e figlia: questo è il ministero della Consolazione che ogni giorno esercitiamo in Comunità”.
A fianco delle monache, nel servizio più ampio di accoglienza dei pellegrini presso il Santuario, ci sono i padri agostiniani, i religiosi e tutti gli operatori. “Ciascuno di noi ha ormai ben chiaro che ogni pellegrino va accolto nella sua verità e nella sua unicità. Il rispetto della identità di ognuno è importante quanto l’aiutare a non vivere segni magici ma di fede, di vero affidamento e impegno di cambiamento, responsabilità a diventare noi stessi benedizione per gli altri” spiegaPadre Luciano De Michieli, Rettore della Basilica. Il religioso sottolinea poi "come sia necessario non avere mai un atteggiamento giudicante e di come l’obiettivo sia invece rmonizzare, che non significa uniformare, e riportare ad unità ciò che si è spezzato o ha bisogno di perdono e riconciliazione. Un atteggiamento riservato sia a chi arriva nella gioia sia a chi è nel dolore, sia a chi manifesta grande umiltà e capacità di affidarsi, sia a chi dimostra invece un atteggiamento di sfida e di pretesa".
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Nell’aprile 2021, nella Basilica di Santa Rita a Cascia, è avvenuta la cerimonia di oblazione che ha visto l’ammissione di Alessandra Paoloni come oblata secolare della comunità delle monache agostiniane di Cascia. La giornata ha segnato due primati: Alessandra è stata la prima laica che si è unita in questo modo alle claustrali di Santa Rita e anche la prima donna al mondo riconosciuta oblata secolare presso un monastero dell’Ordine di Sant’Agostino. Questa forma particolare di consacrazione, infatti, dopo esperienze nel Medioevo, non era più prevista nelle costituzioni delle comunità monastiche agostiniane. È stata così istituita in modo eccezionale per Alessandra, con la conferma del Priore Generale dell’Ordine, Padre Alejandro Moral Antón. Alessandra, segretaria generale della Pia unione primaria (Pup) Santa Rita, l’Associazione che in tutta Italia e nel mondo raccoglie i devoti di Santa Rita, ha scelto il monastero di Cascia per esprimere e vivere questa sua speciale vocazione, definita tecnicamente “aggregazione spirituale”. Da allora fa parte della comunità delle monache, pur continuando a vivere nel proprio ambiente familiare e sociale. Si offre a Dio attraverso l’oblazione: consacrazione ispirata al Vangelo, seguendo i valori della spiritualità, della carità e della tradizione agostiniana. La mano di Alessandra si è quindi aggiunta a quella delle monache, nell’operare per diffondere il messaggio di Santa Rita da Cascia, attraverso l’ascolto e le opere di carità.
Il legame tra Alessandra e le monache è quello di una vera famiglia, nato quando lei avea solo 9 anni e, da una piccola frazione di Cascia, diventa Apetta dell’Alveare di Santa Rita: il progetto di accoglienza per minori provenienti da famiglie in difficoltà economica e sociale, grazie al quale da più di 80 anni le agostiniane crescono nell’amore tante bambine e ragazze, dando loro la possibilità di una vita migliore. Alessandra, insieme a sua sorella più piccola, trova nell’Alveare una casa dove crescere serena, nell’abbraccio delle monache. Divenuta maggiorenne resta a far parte della famiglia del Monastero, come impiegata, per poi divenire, dal 2005, segretaria generale della Pup. “Mi sento profondamente legata spiritualmente e affettivamente a questa famiglia agostiniana-ritiana, che mi ha fatto crescere e diventare quella che sono oggi – disse Alessandra in occasione della cerimonia - Grazie alle monache che mi hanno concesso questo privilegio. Spero di esserne degna e di portare nel cuore la frase che Suor Teresa mi diceva sempre: fai il bene Ale e ti tornerà solo che bene”.
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Tutto ha inizio con un sogno: accogliere a Cascia i devoti ritiani del mondo. Per realizzarlo, nel 1934 la Beata Madre Maria Teresa Fasce, Badessa del Monastero Santa Rita per oltre 20 anni, vuole una Basilica intitolata alla Santa dei casi impossibili. "Madre Fasce - raccontano dal Monastero - è stata la monaca rivoluzionaria che, con tutte le sue forze, volle fare di Cascia la città che oggi conosciamo". Nel 1937 la posa della prima pietra, nel 1947 l’inaugurazione, quando Madre Fasce è già morta. All’interno della basilica troviamo l’urna, che è il centro della devozione, dove si innalzano le preghiere di tutti i fedeli che affidano la loro vita alla Santa degli impossibili. Meta di pellegrinaggio, l’Urna del 1930 contiene il corpo di Santa Rita, qui collocato il 18 maggio 1947. Sui quattro lati esterni dell’arca in cui è contenuta, sono rappresentate le virtù cardinali: temperanza, fortezza, giustizia, prudenza.
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Bella e lacerante, come può essere la vita. La rosa rossa, con le sue spine, è il simbolo di Rita da Cascia, in ricordo della rosa fiorita sotto la neve che una sua parente le portò insieme ai due fichi prima della morte. "Racchiude il senso del messaggio che ci ha tramandato la santa - spiegano le monache di Cascia - godere appieno dell’Amore e della Bellezza di Dio attraverso l’amore e la bellezza della vita, accettando le spine come parte di essa. E la sua “spina” sulla fronte, l’aveva espressamente chiesta a Cristo, mentre pregava per partecipare alla sua passione". "Donna del dialogo e del perdono, Santa Rita - continuano - non ci ha lasciato nulla di scritto, ma continua a vivere attraverso il suo esempio vissuto nella quotidianità e tramandato fino a oggi. Un esempio fatto di gesti semplici, che però mettono in luce la forte personalità di una “piccola, grande donna” che si pone contro ogni regola del suo tempo, per cercare il dialogo e la pace e mettere fine, così, alla cruenta faida familiare che ha visto suo marito assassinato".
Superate le due porte di entrata del Monastero Santa Rita da Cascia, salendo ci troviamo nel chiostro del monastero dove c’è il pozzo, da cui Santa Rita attingeva l’acqua per l’orto, la cucina, le pulizie. La tradizione racconta che la superiora chiede a Rita, appena novizia, di innaffiare uno sterpo secco in giardino. Rita lo fa umilmente, giorno per giorno, attingendo l’acqua dal pozzo. Così, un giorno, Dio trasforma lo sterpo secco in una vite rigogliosa. La vite che vediamo oggi produce uva bianca ed è plurisecolare, anche se più giovane rispetto all’epoca in cui è vissuta Rita. "È diventata il simbolo dell’obbedienza di Santa Rita e della sua fecondità spirituale. Rita, unita a Gesù, vera vite, è un tralcio che produce molti frutti". Sul muro accanto alle scale, possiamo notare qua e là dei piccoli fori; qui abitano le api murarie. Un’antica credenza popolare collega le api al primo miracolo attribuito a Rita in vita: la guarigione di un contadino. Gli insetti operosi, simbolo di Santa Rita, hanno ispirato la Beata Madre Fasce quando ha chiamato “Alveare di Santa Rita” il progetto di sostegno a minori in difficoltà, così come il nome della Rivista del Monastero “Dalle Api alle Rose” da lei ideata.
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