(di Fausto Gasparroni)
(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 11 MAR - Insieme alla lotta alla
piaga degli abusi, la riforma del sistema economico-finanziario
vaticano - che nell'arco di dieci anni, lo si può dire, ha
rivoltato come un guanto - è stata fin dall'inizio una delle
priorità del pontificato di Francesco, sempre rispettando il
mandato conferitogli dal Collegio cardinalizio nelle
"congregazioni generali" pre-Conclave. La necessità di porre
fine una volta per tutte agli scandali e alle disinvolture
gestionali del passato, che hanno favorito anche una crisi senza
precedenti nelle casse d'Oltretevere, ha ispirato una serie di
riforme radicali, portando avanti e accentuando il cammino verso
la "trasparenza" finanziaria, contro ogni corruzione e ogni
forma di riciclaggio, già avviato dal predecessore Benedetto
XVI.
Ciò non ha impedito a Francesco di dover fronteggiare anche
lui ulteriori scandali - da quello sulla divulgazione dei
documenti riservati, a quello sulla vendita degli immobili dello
Ior, fino all'ultimo, sulla gestione dei fondi della Segreteria
di Stato e dell'Obolo di San Pietro -, affrontati però con una
determinazione e una severità, anche qui, senza precedenti nel
passato, senza immunità per nessuno: tanto che, ad esempio, si è
visto finire alla sbarra in Tribunale, come mai avvenuto prima,
non solo un ex presidente della "banca vaticana", ma persino un
cardinale.
A partire dal 24 febbraio 2014, quando ha creato la
Segreteria per l'Economia - affidata al cardinale australiano
George Pell -, il Consiglio per l'economia e l'Ufficio del
revisore generale, con il compito di armonizzare le politiche di
controllo sulla gestione economica della Santa Sede e della
Città del Vaticano, si è quasi perso il conto dei provvedimenti
di Bergoglio in materia finanziaria e amministrativa, al fine di
razionalizzare e tenere sotto stretta vigilanza bilanci di
dicasteri ed enti, spese, appalti, conflitti d'interessi,
rispetto degli standard contabili internazionali e delle norme
anti-riciclaggio.
Un'opera che è continuata ininterrottamente per tutto il
decennio, confluendo anche nella costituzione apostolica
Praedicate Evangelium che ha riformato al Curia, e che prosegue
tuttora.
Si pensi solo al "pacchetto" di misure emanato da Francesco
tra il gennaio e il febbraio di quest'anno, tra cui quella che
ha avuto più clamore mediatico e tra i settori conservatori
della Curia, è il Rescritto del 13 febbraio, abrogante tutte le
norme che hanno finora permesso l'uso gratuito o a condizione di
favore degli immobili di proprietà delle Istituzioni Curiali e
degli Enti che fanno riferimento alla Santa Sede ai cittadini
vaticani (all'incirca 700 persone) e a chi vi abita, imponendo
un affitto pari a quello pagato da chi usufruisce degli
appartamenti vaticani senza ricoprire un ruolo in qualche modo
direttivo. La misura si applica dunque a cardinali, arcivescovi,
vescovi, presidenti e segretari di Dicasteri, dirigenti del
Tribunale della Sacra Rota e altri.
Al di là delle critiche degli ambienti conservatori, abituati
a una visione del Vaticano come di uno Stato elitario, quasi
fosse il Principato di Monaco, si tratta ancora di una misura di
razionalizzazione del comparto economico-finanziario, al fine di
destinare più risorse al Servizio Universale della Chiesa e ai
poveri, in un contesto economico di particolare gravità.
La destinazione universale del Beni ecclesiastici è stata poi
fortemente rilanciata, dal "Motu proprio" del 24 febbraio,
ribadendo che tutti i beni, mobili e immobili, inclusi i titoli
e le disponibilità liquide, sono beni pubblici ecclesiastici, e
come tali sono di proprietà della Santa Sede. Chi li gestisce,
ricorda il Papa, ne è soltanto amministratore e non
proprietario. Altra riforma, entrata in vigore dallo scorso 31
gennaio, è quella del Vicariato di Roma, che Francesco ha
profondamente riorganizzato, rendendolo più collegiale e più
legato al papa. E istituendo un Organismo indipendente di
sorveglianza, per verificarne e regolarizzarne soprattutto le
attività economico-finanziarie. Infine, proprio in questi
giorni, il nuovo Statuto dello Ior, delineando meglio i confini
tra i vari organismi interni, soprattutto le aree di competenza
tra il Consiglio di Sovrintendenza e la figura del direttore
generale che ne esce rafforzato. (ANSA).